Costruzione di tetti in paglia: introduzione

La copertura dei tetti con steli di paglia o canne era pratica comune in varie parti del mondo, dai climi tropicali ai paesi nordici.

L'utilizzo di tali materiali ora può sembrare strano, ma c'erano delle valide ragioni. Uno dei motivi era che la materia prima si trovava già direttamente pronta in modo naturale o quale prodotto secondario della coltivazione dei cereali per uso alimentare. Gli altri materiali per le coperture richiedevano maggiori tecnologie: l'ardesia, presente solamente in qualche sito, per l'estrazione e la terracotta dei coppi o delle tegole per la cottura.
Una seconda ragione del suo utilizzo era la leggerezza della copertura e conseguentemente di tutta la struttura per sorreggerla.

Con la modernizzazione l'utilizzo della paglia si è ridotto notevolmente, soprattutto per il principale inconveniente: il pericolo di incendi. Negli agglomerati l'uso della paglia è stato vietato. È rimasto in costruzioni isolate.

Attualmente per costruire tetti in paglia è difficile reperire la materia prima.
Un tempo la coltivazione era fatta a livello familiare, pertanto aveva ampia diffusione, inoltre la falciatura e successiva trebbiatura manuali mantenevano integri i culmi. Ora la produzione è principalmente concentrata in grandi aziende e la trebbiatura meccanica danneggia la paglia rendendola inservibile per la copertura.

In valle Vermenagna, è rimasto qualcuno che negli anni scorsi ha ancora realizzato tetti in paglia. Ecco una sintetica documentazione delle operazioni da compiere per la costruzione di questo tipo di copertura.

a cura di Gentile Giordano      

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Costruzione di tetti in paglia: il fabbricato sottostante

Le murature degli edifici con coperture in paglia, erano prevalentemente in pietra. In questo caso non si usavano leganti quali calce, ma solo terra per l'occlusione delle fessure. A motivo del semplice accostamento degli elementi, non era necessario andare in profondità con le fondazioni. Le pareti si reggevano come un comune muro a secco.

Per ottenere un muro, dopo lo scavo della fondazione, si costruiscono le due facciate, una interna e l'altra esterna, collegate tra loro dalle pietre più grandi che di tanto in tanto si intersecano. Gli spazi interni sono man mano riempiti con terra e pietrame di scarto.

La tecnica costruttiva mira ad intersecare nel miglior modo possibile le pietre tra di loro per avere maggior stabilità della costruzione. Si procede per corsi orizzontali cercando sempre di creare una superficie piana su cui appoggiare il corso successivo. Quando la facciata della pietra scelta per la parte in vista non è perfettamente perpendicolare al piano orizzontale, si può intervenire cercando di aggiustarla con il martello da muratore e comunque va posizionata in modo che la parte più larga sia in alto e la facciata superiore sia il più possibile orizzontale. Questo sempre al fine di avere il miglior piano di appoggio per il corso successivo. Eventuali movimenti vanno bloccati con l'inserimento di scaglie in pietra. Particolare attenzione va posta nella realizzazione degli angoli dove pietre più lunghe sono indispensabili per concatenare meglio la muratura.

Altri fabbricati, ad esclusivo uso rurale, erano costruiti completamente in legno. Si trattava soprattutto di tettoie utilizzate per il deposito di fogliame, che veniva poi usato quale strame. Erano formate da quattro grossi pali di castagno infissi nel terreno, che costituivano gli spigoli del fabbricato, sui quali poggiavano le due capriate. Queste costruzioni spesso erano addossate ad un vecchio castagno che ne garantiva la stabilità sia iniziale, sia quando, con il passare degli anni, il legno infisso nel terreno marciva e si aveva un assestamento della struttura.

Il prodotto contenuto all'interno veniva protetto dalle folate di pioggia o di neve mediante cannicciate, sempre di castagno, poste lungo tre lati della tettoia.

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Costruzione di tetti in paglia: l'orditura

L'orditura tipica di un tetto in paglia della valle Vermenagna è composta interamente da legname. I pezzi di maggiori dimensioni, che formano la struttura portante del tetto, sono le travi principali e secondarie, lènh e cantée. Di minori dimensioni sono le assicelle, late, che costituiscono l'appoggio della paglia.

Le travi comprendono i due dormienti, muraiée o rëmée, la trave di colmo, courme, ed eventualmente travi intermedie. Sono posizionate perpendicolari alla linea di pendenza. I dormienti poggiano sul muro laterale, le travi intermedie ed il colmo poggiano sui frontespizi.
A seconda dell'utilizzo del fabbricato, possono mancare uno od entrambi i frontespizi in muratura. In questo caso le travi poggiano sui puntoni, bras, di una o due capriate, cavalhà, che sostituiscono i frontespizi.

Nel caso di campate ampie, viene aggiunta una capriata intermedia per il rinforzo delle travi o la loro giunzione. In valle Vermenagna le capriate usate nei tetti di paglia sono generalmente di tipo arcaico, collegate alla sommità da un incastro ed un perno di legno, cavìa, ed alla base da una trave con funzione di catena, mare 't cavalhà. Tipiche sono quelle costruite con travi incurvate alla base che permettono un migliore utilizzo dello spazio interno.

La pendenza delle falde è circa del 100%, cioè di 45o.

Trasversalmente alle travi principali sono inchiodate le travi longitudinali o correnti, cantée, ad una distanza di 60-70 cm l'una dall'altra. Ottenute da polloni di castagno di diametro 8-10 cm livellati almeno sul lato superiore, ora sono più comunemente acquistate in segheria, squadrate o con i bordi sfaccettati.

Sui correnti, perpendicolarmente a questi e pertanto parallele alle travi, vengono inchiodate le assicelle sulle quali si appoggia e fissa la copertura in paglia. Si parte dal fondo con una assicella di 12-15 cm di larghezza e circa 2,5 - 3 cm di spessore. A questa non vengono fatte legature: ha la sola funzione di sorreggere la paglia. Successivamente si posano altre assicelle ad ognuna delle quali verrà poi legata la paglia .

E' anche possibile usare correntini, canterin, ossia assicelle più strette e più spesse. In effetti un tempo si utilizzavano ricacci di giovani castagni, cui veniva semplicemente asportata la corteccia. Gli esemplari di maggiori dimensioni erano suddivisi a metà. Questi legni non devono essere troppo larghi (max 5-6 cm) affinché la legatura tenga bene. Sono distanziati di 30-35 cm ad eccezione dell'ultimo in alto che va posto a 12-15 cm dal colmo. Devono inoltre sbordare lateralmente oltre l'ultimo corrente di almeno 15 cm per potervi poi costruire sopra la cimosa, chimousa o broundanin.

A seconda dei paesi e frazioni c'erano poi tecniche leggermente diverse. A Roaschia ad esempio si usava intervallare ai listelli per la legatura, di forma tondeggiante, un'assicella larga di 8-10 cm per sostenere la paglia.

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Costruzione di tetti in paglia: la coltivazione della segale

È un cereale originario dell'Asia sud-occidentale che resiste bene al freddo, alla siccità ed è poco esigente in fatto di sostanze nutritive. Per questo era ampiamente coltivato in montagna dove le condizioni pedoclimatiche non consentono più di coltivare il grano.

È una graminacea molto simile al grano, ma con portamento più slanciato, culmi più lunghi e spighe sempre aristate.
La produzione è finalizzata ad ottenere la cariosside che viene usata, macinata, per consumo umano. La produzione di granella è di circa 20 quintali ad ettaro.

La paglia era un tempo molto utilizzata per le coperture in quanto più resistente di quella del grano, mentre ora ha perso importanza. Allo stato verde da sola o in consociazione con altre specie è anche utilizzata per l'alimentazione del bestiame.

Per la produzione di buona paglia per copertura, resistente, fine e lunga, si sceglievano terreni non tropo fertili, ricchi in silicio che ne aumenta la resistenza.
Se coltivata a quote più basse, era spesso seminata in boschi di castagno, con piante rade e si apportava poco letame.
Se si intende seminarla ora in terreni da anni non più coltivati e concimati, occorre provvedere ad una buona concimazione per avere dei risultati apprezzabili.

La semina avviene in autunno e la quantità di seme necessaria è di circa 170-180 Kg ad ettaro. Se si trasemina un'erbacea è meglio che non siano trifoglio od erba medica che sono difficili da separare dalla paglia nelle fasi di pulitura della stessa.

Le varietà ora presenti in commercio sono state selezionate per avere maggiori produttività di seme e nel contempo dei culmi più corti e grossi, che però non vanno bene per la produzione di paglia da copertura. Le vecchie varietà locali sono senz'altro migliori per questa utilizzazione.

La principale avversità della segale è lo sclerozio (Claviceps purpurea), mare, una malattia fungina che si riconosce per la formazione di corpi neri e duri che rimpiazzano i semi nelle spighe delle piante.
Questi macinati con la farina hanno effetto dannoso sul sistema circolatorio dell'uomo e degli animali. Un tempo le spighe attaccate dallo sclerozio venivano raccolte e vendute ad un negoziante di erbe per la preparazione di medicinali.

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Costruzione di tetti in paglia: la lavorazione della paglia

La mietitura della segale un tempo era eseguita esclusivamente a mano con il falcetto, masouira o masouirot. Oggigiorno si può eseguire adattando una motofalce di vecchio tipo, con la barra falciante fissata alle due estremità. Si inserisce una sottile lamiera di ferro tra i due bracci laterali, lasciandola leggermente concava, in modo che il prodotto falciato, cadendo, non si sparpagli a terra, ma rimanga il più possibile affastellato. Naturalmente si procede per pochi metri alla volta, ma è pur sempre più veloce e meno faticoso del taglio manuale. Una seconda persona raccoglie i mazzi di steli accumulati nella lamiera e li deposita lateralmente sul terreno già falciato. Sono di fatto dei mannelli, gèrbe, che vengono legati utilizzando un mazzetto costituito da una decina di altri culmi di segale.

La legatura è fatta a circa un terzo della lunghezza dei culmi, dal basso. Per una migliore trebbiatura a mezzo dei correggiati i mannelli erano di dimensioni ridotte, all'incirca del diametro di una decina di centimetri. Per la trebbiatura meccanica ogni mannello era grande il triplo.

Questi mannelli piccoli, per l'essiccazione, vengono accatastati in biche, bacuc, formate da una quindicina di elementi posti in posizione subverticale. Tre mannelli vengono legati tra loro presso la sommità posti ritti, un po' divaricati. Gli altri mannelli vengono posti ordinatamente attorno. Sulla sommità, per proteggere le spighe dagli uccelli, vengono posti altri tre mannelli, legati tra loro presso la legatura originale, e disposti capovolti. Le biche di mannelli predisposti per la trebbiatura meccanica, dette capale, sono formate da più strati sovrapposti, di cui il primo adagiato a terra, ognuno composto da quattro elementi.

Durante l'operazione di legatura e formazione dei mannelli si effettua una prima sommaria asportazione dell'erba presente tra gli steli. Se è stata fatta la trasemina, e pertanto il quantitativo d'erba è consistente, un modo efficace per ripulire i culmi è quello di far passare il mannello, tenendolo presso le spighe, tra i rebbi, bue, di un rastrello posto a terra, con gli stessi rivolti verso l'alto.

Dopo alcuni giorni di essiccazione, i mannelli vengono portati in azienda per la trebbiatura. Un tempo questa veniva fatta con i correggiati, cavalie. Il sito era nell'aia o sotto un portico appositamente costruito con il soppalco, trebià, alto in modo da non intralciare l'uso dei correggiati. Il terreno, in terra battuta, veniva prima ripulito quindi cosparso con sterco fresco di vacca diluito in acqua, che una volta seccato creava una crosta dura.

Nel secondo dopoguerra, in montagna, con l'avvento delle trebbiatrici, prima a manovella e poi a motore, si è passati all'utilizzo di queste ultime. Normalmente la trebbiatura avviene infilando i mannelli nella parte superiore della macchina che li trascina all'interno. Qui passano tra il cilindro rotante ed il corpo della macchina, entrambi provvisti di corti rebbi, ed escono verso il basso dall'altra parte. Nell'operazione la paglia viene schiacciata e non è più idonea ad essere utilizzata per coperture.

La trebbiatura, salvaguardando la paglia, può comunque essere effettuata con queste macchine se si adottano alcuni accorgimenti. Occorre far ruotare il cilindro a velocità ridotta e sollevare il guscio posto sulla parte superiore della trebbiatrice. In questo modo la granella viene separata efficacemente senza rovinare i culmi. Occorre non indugiare troppo a lungo nell'operazione per non staccare le spighe che nella legatura fanno da arresto allo sfilamento della paglia.

A questo punto eliminata la granella, che attirerebbe i topi, con effetto devastante sul tetto, si ripulisce per bene la paglia dall'erba rimasta e dagli steli più corti, ripassandola tra i rebbi di un rastrello posto a terra, o semplicemente scuotendola. Più mannelli sgranati, riuniti e legati assieme formano un covone, couas, del peso di circa 5 kg. Il covone viene ritagliato alla base con un'accetta, pareggiando la lunghezza dei culmi, ed è pronto per essere immagazzinato in luogo asciutto e secco in attesa di essere utilizzato.

La preparazione dei covoni per la copertura di un tetto richiede spesso più anni, in quanto non tutti gli anni il prodotto ottenuto è valido. Basta infatti un temporale troppo violento per allettare i culmi. Le spighe tendono successivamente a rialzarsi rendendo gli steli contorti ed irrimediabilmente inutilizzabili ai fini di copertura.

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la falciatrice

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la segale falciata

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mannelli da legare

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la legatura

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bacuc

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formazione di un bacuc

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Costruzione di tetti in paglia: altro materiale

Prima di iniziare la posa della paglia è necessario procurarsi alcuni elementi di legno che rimarranno integrati nella struttura ed il filo per le legature.

- Pertiche, vrime, di nocciolo o castagno, con diametro alla base di circa 3 cm. Vanno tagliate a luna vecchia nel periodo di riposo vegetativo. Alla base vanno assottigliate con l'accetta, dal lato del dorso della loro piega predominante, per circa 70 cm - 1 metro, a seconda delle dimensioni. Vanno pure appuntite per poterle infilare nella cimosa di testata del tetto.
La scelta tra un tipo di legno o un'altro dipende dalla disponibilità di polloni diritti. Sicuramente quelle in castagno hanno maggior durata. E' altresì importante che non siano troppo stagionate, altrimenti perdono di flessibilità e rischiano di rompersi durante le operazioni di fissaggio. A lavoro ultimato sono completamente nascoste dalla paglia. Quando iniziano a vedersi è il segnale che la copertura è usurata e, nel giro di pochi anni, andrà sostituita.

- Barre, bare, disposte parallelamente al colmo, presso questo. Sono in castagno, diritte, del diametro di 8-10 cm. Sono gli unici elementi in legno scoperti e quindi sotto l'azione degli agenti atmosferici. Per questo è importante la scelta del tipo di legno. Vanno tagliate a luna vecchia nel periodo di riposo vegetativo e scortecciate. E' buona norma prepararle con un certo anticipo, altrimenti, se verdi, vengono incurvate dal sole a scapito della loro funzione.

- Filo di ferro zincato, filfrèt, del diametro di 1,5 mm per la legatura della paglia e di diametro maggiore per la legatura delle traverse che tengono la copertura del colmo. Si arrotola intorno a pezzi di legno a formare una matassa, per poterlo tirare meglio.
Un tempo la legatura avveniva utilizzando esclusivamente paglia preventivamente inumidita per aumentarne l'elasticità e la resistenza alla torsione. Si prendevano alcuni culmi che venivano torti tra loro ottenendo una specie di cordicella, alianh.

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Costruzione di tetti in paglia: attrezzatura

L'attrezzatura necessaria per la costruzione di un tetto in paglia è molto semplice e di facile reperimento. Consiste essenzialmente in:
- paletta di legno, che serve per pareggiare la paglia posta sulla struttura, prima che venga legata E' munita di un cavicchio di legno che serve per agganciarla al tetto in costruzione e non farla cadere a terra nei momenti di inutilizzo;
- ago di legno, uia, usato per legare la paglia. Quando, invece del filo di ferro si usava un intreccio di paglia per la legatura, aveva la cruna di diametro maggiore;
- pinze, che servono a stringere e tagliare il filo di ferro usato per la legatura;
- sbarra d'appoggio.

Il sistema di impalcatura necessario per l'esecuzione del lavoro è molto semplice. Se la falda è bassa si posa il primo corso di paglia stando a terra. Negli altri casi si fissa lateralmente ad ognuna delle due travi longitudinali estreme, ed eventualmente ad un'altra intermedia, una sbarra in modo che sporga verso il basso. Su di queste, ad una ventina di centimetri dall'estremità inferiore del tetto si fissa una sbarra di appoggio, bara da crœve, di legno leggero e diritto, quale il larice, su cui l'operatore appoggerà i piedi. Il fissaggio della barra di appoggio non è saldo con la sbarra sottostante e più tardi con la copertura del tetto. Due corde vengono legate ognuna da una parte ad un estremo del colmo e dall'altra alla sbarra di appoggio. In tal modo a questa sbarra viene impedito di scivolare verso il basso. Eventualmente vengono aggiunte una o più corde in posizione intermedia per spioventi molto larghi.

Dopo i primi due corsi di paglia, occorre spostare la bara da crove sul tetto stesso all'altezza dell'ultima pertica coperta. Per il primo spostamento la pertica coperta è la prima che è stata posizionata. Per fare questa operazione ci si deve sedere sull'ultima pertica posizionata, ancora scoperta. Si infilano le punte dei piedi sotto la bara da crove, piegando le ginocchia la si tira verso di sé, si slega, si sfila la corda rimasta nascosta sotto la paglia, la si fa passare con il capo libero sotto la pertica su cui si è seduti e si accorcia la legatura per posizionare la sbarra nella nuova posizione (circa all'altezza prima pertica ora coperta dalla paglia). Questo va naturalmente ripetuto per tutte le funi piazzate e dopo il posizionamento di ogni corso di paglia. La tecnica è ancora tuttora valida per il lavoro, ma per motivi di sicurezza è indispensabile che sia abbinata alla costruzione di un ponteggio.

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Costruzione di tetti in paglia: la posa della copertura

La prima operazione da fare sulla struttura del tetto completata è quella di preparare l'impalcatura per il lavoro e quindi procedere all'esecuzione delle cimose laterali del tetto. Per queste si procede intrecciando due pertiche, con andamento opposto, all'estremità delle sporgenze laterali delle assicelle a cui verrà legata la paglia. Dei piccoli mazzetti di paglia (quantità che può essere stretta tra le due mani) vengono fissati sopra l'intreccio preparato in precedenza con un'inclinazione di circa 30o rispetto alla linea di massima pendenza del tetto.

La legatura va effettuata in due punti su due diversi assicelle trasversali con filo di ferro. La legatura più in basso stringe l'ultimo mazzetto posizionato e parte del precedente, in modo da avere una migliore aderenza tra i due ed evitare infiltrazioni di acqua. Dal lato verso l'esterno del tetto la paglia va messa a scalare per dare continuità e regolarità al bordo del tetto.

Possiamo ora iniziare a posizionare i covoni di paglia a corsi che si svilupperanno partendo da una per giungere all'altra cimosa. Per comodità ed un migliore risultato possiamo fissare una tavola, alta 12-15 cm, di costa, qualche centimetro più in basso della prima assicella del tetto. Questa farà da arresto al primo corso di paglia.

Il primo strato va più spesso, da 12-15 cm in su e si può utilizzare anche paglia più corta dal momento che questa non va posta a scalare come negli strati successivi. Nel primo corso la paglia può essere collocata per l'intera estensione in quanto la tavola la blocca. Successivamente verranno posizionati uno o due covoni alla volta, slegandoli. Per il fissaggio si inserisce la prima pertica nella cimosa all'altezza della seconda assicella del tetto sottostante in modo che la punta si pianti nell'intreccio preparato in precedenza e facendo attenzione a mantenere eventuali curvature verso il basso. Si piega la pertica sulla paglia appena stesa e si lega con il listello sottostante ad intervalli di 40-80 cm a seconda della dimensione ed elasticità della pertica.

L'ago serve a far passare il filo di ferro attraverso la paglia distesa, a fargli compiere un mezzo giro attorno all'assicella e a riportarlo in superficie. Nel punto in cui si pianta la pertica va lasciata libera una manciata di paglia per prevenire la formazione di un affossamento dovuto alla forte pressione esercitata dalla pertica nel punto in cui è conficcata nella cimosa. Dopo ogni legatura si procede infilando e livellando altra paglia sotto l'estremo libero della pertica.

Concluse le operazioni di legatura con la matassa di filo di ferro e l'ago si può procedere alla posa secondo corso di paglia. Questa volta la paglia va messa a scalare, partendo dal bordo inferiore del tetto fino all'altezza della prima pertica, per uno spessore inferiore al precedente, ma di almeno 7-8 cm. Occorre prestare attenzione allo strato della paglia che deve essere il più possibile omogeneo. Non si deve terminare di netto con un covone e ripartire con un altro, ma occorre accavallare nell'ultimo tratto la paglia proveniente da due covoni. Poi si lega con la seconda pertica, come fatto in precedenza, sia la paglia sottostante del primo corso che quella appena posata del secondo.

A questo punto occorre spostare la sbarra di appoggio dei piedi all'altezza della prima pertica secondo le modalità descritte a parte. Il lavoro ora procede allo stesso modo fino all'ultimo listello dell'orditura. La paglia che sborda in cima al primo versante va piegata sul versante opposto e fissata provvisoriamente con una pertica. Solitamente questa operazione non viene effettuata subito, soltanto quando il secondo versante sta per essere concluso per avere un più facile accesso alla trave del colmo per legarvi le corde. Il fissaggio definitivo dell'estremità sporgente della prima falda verrà fatto con il fissaggio dell'ultimo corso di paglia del secondo versante.

Ultimato un versante si esegue l'altro con le stesse modalità. Al termine si lega sulla prima falda, con una pertica provvisoria la paglia che sborda dalla seconda. Un'attenzione particolare va posta nella realizzazione del colmo. Ad ognuna delle due estremità si mette un covone di paglia, anche più corta, parallela al colmo stesso e con le spighe rivolte verso l'interno. Questo serve per sorreggere il soprastante strato di paglia. Sul colmo per fissare il tutto vengono disposte due sbarre, una per lato, legate ai sottostanti ultimi due listelli dell'orditura. Intanto si può togliere la pertica provvisoria posizionata in precedenza.

Per la legatura di queste due sbarre è bene che ci sia una persona dall'interno che fa passare l'ago. Da soli, dato il notevole spessore di paglia sul colmo, risulta molto difficile. Un'accurata risistemazione della paglia attorno al filo di legatura garantisce l'impermeabilità della copertura. A questo punto non resta che attendere la pioggia per il collaudo, considerando però che è normale una non perfetta tenuta alle prime precipitazioni, poi la paglia si assesta e la tenuta è perfetta.

Nei primi anni di vita la neve viene scaricata, poi invecchiando la paglia diventa più ruvida e tende a trattenerla.

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